Rossano Crotti

Pensione Zoe, di Rossano Crotti

Pensione di Zoe, di Rossano Crotti – Racconto in PDF formato A5

Pensione Zoe – Un sogno ancora da fare

In una tarda sera d’autunno, la pioggia cade ormai da due giorni ed in una strada un tempo di periferia, c’è una vecchia locanda, costruita ad inizio secolo.

C’è confusione nella strada, forti rumori provengono da ogni dove e mezzi a due a quattro ruote schizzano davanti al cortile della locanda mentre il cielo immobile e scuro scarica acqua a volontà.
Un vecchio uomo tenta di attraversare la strada per raggiungere l’ingresso della locanda, le sue gambe sono deboli e i suoi movimenti incerti. E’ abbastanza alto e magro, ha baffi curati e due grandi occhiali, un vestito blu coperto da un’impermeabile. Le luci dei lampioni tradiscono con i riflessi sull’asfalto la vista stanca dell’uomo, che rallenta il passo cercando di evitare le pozzanghere.
Dalla finestra della pensione, una donna vede l’uomo e il suo viso si accende di meraviglia e paura, esce dal portone principale e corre incontro all’uomo. La donna è uscita senza pensare a prendere un ombrello che li poteva riparare dalla pioggia scrosciante, ma la vista del padre da tempo malato ha provocato in lei un’emozione che ha cancellato ogni possibile considerazione razionale.
Il vecchio è stanco, e la figlia subito lo sistema in una stanza, senza capire perché, nelle sue condizioni, il padre abbia deciso di farle visita viaggiando per oltre tre ore. La pensione ha camere ben tenute e nulla lascia trasparire la vera età dell’edificio, che acquistò quasi sessant’anni prima il vecchio signore. Zoe lasciò il padre mentre si stava facendo un bagno caldo e tornò per portare asciugamani puliti, assicurandosi che non avesse bisogno di nulla: il vecchio, notoriamente orgoglioso, rifiutò qualsiasi aiuto.
La donna tornò nella cucina della locanda, dove sul mobile della dispensa custodisce in bella vista proprio la foto del padre nell’anno dell’acquisto della pensione.
Erano anni in cui vi era insicurezza, dove la generazione del vecchio doveva fare i conti con un clima di benessere acquisito sempre più difficile da mantenere, di status sociali che passavano veloci nelle esistenze di ciascuno e non lasciavano nulla, vi era una totale assenza di principi ed etica morale, e la stessa politica rappresentava molto bene questa situazione. Erano anni in cui si correva troppo senza pensare a dove si sarebbe arrivati e si parlava troppo dando poca importanza alle parole. Negli ultimi anni, parecchi scienziati accusarono lo scarso interesse dell’epoca sui problemi della terra. Il vecchio si adagiò sul letto, sentì il fresco delle lenzuola e spense la luce, fiducioso che il sonno sarebbe arrivato senza farsi attendere troppo.
Nella cucina, per terra, giocava chi era arrivato tre generazioni dopo. Da fuori i tuoni e i lampi parvero un crescendo di un’ orchestra che voleva urlare tutte le note, e che tutti dovessero sentirle, a chilometri di distanza. Il tremare dei vetri non spaventò il bambino che urlò invece, quando all’improvviso mancò la luce. Zoe si preoccupò di mettere il piccolo nel suo letto, prese delle candele e andò a sbirciare il padre, che sembrava non essere troppo disturbato dal rumore del temporale. La donna rimase sulla porta, come se volesse aprire una parentesi nel tempo e concedersi qualche minuto fuori dallo scorrere della sua vita. Rimase a guardare il padre, con commozione.
Erano passati molti anni da quando si trasferirono in quel posto, dalla città a quella che era allora campagna, ed era passato molto tempo dal desiderio dei genitori di avere un figlio al suo concepimento. La vita, per il vecchio era passata tutta. Forse Zoe aveva capito la fretta del padre di correre alla locanda in una notte come quella. Non fece rumore, lasciò che gli unici rumori fossero di cose, oggetti o della natura.
Ad un tratto, l’anziano signore sobbalzò e parve vedere qualcosa alla finestra, come un’ombra che lo spaventò un po’ e lo fece svegliare del tutto dal sonno in cui era piombato. Solo allora realizzò che aveva sognato. Aveva sognato dell’angelo caduto dal cielo, che essendo creatura fantastica e irreale, non aveva mai abbandonato l’uomo, ma aveva preparato per lui il viaggio per accompagnarlo con sè molto più in alto, in quell’ osteria sulle nuvole di cui il vecchio sognò molto tempo prima. L’angelo caduto dal cielo, essendo creatura fantastica e irreale, non aveva, a differenza dell’uomo il problema del viaggio da compiere verso l’osteria, in quanto svolazzava a proprio piacimento ormai da secoli. L’angelo è la compagna di vita del vecchio, e con lei ha trascorso gli ultimi sessant’anni. E in sessant’anni di cose ne hanno viste e fatte parecchie: realizzato sogni, superato ostacoli e avuto delusioni, ma tutto era subordinato al fatto di essere insieme.
Il desiderio di avere un erede si fece attendere, e per scaramanzia, appena Zoe arrivò, il vecchio decise di acquistare l’ albergo, così se fossero arrivati altri venti figli, non avrebbe avuto problemi a sistemarli. E poi ne avrebbero adottati ancora, fino a riempire tutte le stanze. Si accontentarono di due, che diedero ai genitori belle soddisfazioni.
Negli anni, crescendo i figli videro la società intorno a loro cambiare, nel bene e ne male e cercarono sempre di vivere da protagonisti ciò che accadeva. Come quando vollero trasferirsi dalla città alla campagna, prevedendo ciò che sarebbe successo.
La luce mancava in tutta la strada e l’illuminazione era garantita solo dalle luci dei cartelloni pubblicitari, per i quali erano partiti i generatori d’emergenza di cui erano dotati, in modo da essere sempre e comunque visibili. Il vento forte faceva scorrere l’acqua sull’asfalto e pareva un fiume e non una strada quel lembo nero e luccicante che separava lo svincolo della superstrada dal cortile della pensione.
Il vecchio era immobile. Il bimbo nella culla pure. La donna, in quel silenzio irreale dove i tuoni parevano far soggezione e far star zitti tutti, era seduta nella cucina con la foto della locanda sessant’anni prima, quando i temporali non erano così frequenti e violenti.
Zoe aveva paura.
Non voleva fare lei la scoperta, ma si sentiva di avere quella responsabilità.
Nella sua testa aveva mille pensieri, e non sapeva se quei pensieri era meglio scacciarli subito con la scoperta di ciò che pensava, perché solo così se ne sarebbero andati, o aspettare, ancora, e patire. Fece piano le scale, e ad ogni gradino lacrime lente le scendevano sulle guance. Il suo viso dimostrava orgoglio e tenerezza, e il suo cuore batteva forte. Aveva lasciato il nipotino solo e non voleva si svegliasse. Pregava che proprio in quell’istante non fosse arrivata la figlia, quell’attimo doveva essere solo suo. Aprì la porta, il vecchio era immobile. La finestra era socchiusa ed entrava un po’ di vento, creando un sibilo che pareva il respiro affannoso di quella locanda. I pensieri brutti erano finiti. Zoe accarezzò la guancia dell’uomo, e il tempo si fermò.
In un attimo tutto tornò reale, la luce e il mondo intorno a lui.
Roberto si svegliò di colpo, al rumore cupo e fragoroso di un tuono lontano. Nel mondo reale la pioggia cade ormai da due giorni.
Aveva sognato di se stesso, il suo futuro, di quando tutto era stato fatto. Di quando le cose che lui stesso avrebbe voluto fare accadere erano giunte all’epilogo, e la vita lasciata in eredità ai figli, la memoria consegnata a chi avrebbe potuto testimoniarla ancora per molti anni. E questo accadeva in quella locanda, luogo di passaggio per migliaia di persone, ma che per lui aveva significato un punto fermo nella sua vita. Ma ora si trovava sessant’anni prima, in quella locanda sconosciuta dove aveva trovato riparo dal temporale, mentre cercava di ritrovarsi lasciandosi alle spalle il suo passato.
Ora il suo respiro si stava calmando, gli occhi si stavano abituando alla penombra mettendo a fuoco i contorni della stanza. Il suo corpo prese coscienza di esistere e Roberto si sentiva straordinariamente bene.

Testo scritto nell’aprile ’07
Rossano Crotti
Da un’idea di Arsane-U

Lascia un commento